Un’installazione dell’artista
canadese Debora Alanna. Il lavoro esplora il concetto di passaggio,
e l’oscillazione fra il descrescere dell’energia e la fluidità
in un ininterrotto movimento fra pensiero conscio ed inconscio.
Tutto prende ispirazione dalla scia che le barche lasciano sui canali
veneziani, quel movimento che provoca una “rottura” nell’immobilità
dell’acqua, che sposta e distorce la sua superficie; un’acqua
che anche se provocata non accetta la sfida. Il canale trattiene tutto
l’intreccio simile ad un ordito che vi si specchia mantenendo
però la sua pura inalterabilità, una via per e da qualche
parte. Da o verso la superficie viene spinta nella direzione delle forme
ondulate.
Il lavoro è una concentrazione costante di forme non fluttuanti,
statuarie, in questo esse svelano a colui che le guarda nella loro immobilità.
Non c’è alcun riferimento alla geografia o all’architettura.
Questo è un lavoro sul movimento ma non si muove. E’ come
se scaturisse da un’offerta cerimoniale, che scopre forma e contenuto
e che permette alle ondulazioni del flusso e riflusso di placarsi davanti
ad un intenso sguardo. Il canale può considerarsi lo spazio emozionale
che si crea dalle speranzose forme che ottimisticamente emergono e diventano
scultura.
Canal – Ebb and Flow, is a sculpture installation
at Associazione Culturale Spiazzi by Debora Alanna. The work is about
a concept of passage, and the oscillation between waning energy and
fluidity in uninterrupted movement of conscious and unconscious thought.
Inspired by the wake from the vapporetti, and gondolas on the canals
of Venice, the movement of the boats breaking the water's stillness,
unrelenting, moving forward distorting surfaces; the water remains unchallenged.
The canal holds all surface warps and entwining penetrations, and remains
an unaffected system, a way to and from somewhere. Coming or going,
the surface is thrust into undulating forms.
The work is a steadfast
concentration on forms that do not fluctuate, that are statuesque, in
that they impose stillness upon the viewer, requiring concerted enquiry.
There is no geography or architecture to give it reference. This work
is about movement, but does not move. It is ceremonious as a meditative
offering, discovering form and content, allowing the undulations of
ebbs and flows to be still for sustained viewing. The canal is the emotional
space that is created by the expectant forms that have optimistically
emerged as sculpture.
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