La mostra
dell’artista Croce Taravella, evento collaterale alla 51.
Biennale Internazionale d'Arte di Venezia visualizza un contrasto
sinergico di diverse forze appartenenti ad una visione onirica e apocalittica
della realtà metropolitana e desertificata dei luoghi della terra.
Il
colore, i segni, le striature, i solchi, il magma, la materia, stesi
complessivamente, si identificano sulla superficie della tela nella
propria appartenenza e territorialità, si concatenano nel loro
stridere conflittuale dando forma ad un linguaggio totale, diversificato.
Si
tratta così di una trasposizione e traslazione vulcanica di una
realtà piena, concitata, caotica, frenetica, e di una immobile,
vuota, presente nella sua grandezza e nel tessuto astratto e convulso
dell’opera che città e natura delineano. Le due realtà,
apparentemente così diverse si comparano e sembrano nutrite della
stessa forza.
PROGETTO
CROCE TARAVELLA MDC
Le città, il loro destino, la loro carica simbolica, sono oggi
al centro di un dibattito che coinvolge l'architettura, l'urbanistica,
il cinema, la letteratura, la politica. Abbiamo imparato che le città
salgono - com'era nell'utopia dei primo Novecento di Umberto Boccioni
- ma possono anche cadere -- come si è visto a New York nel primo
Duemila. Non c'è mezzo migliore della pittura, nella sua capacità
di essere contemporanea, per afferrare e rendere stabile nella nostra
mente uno scenario che altrimenti è rappresentato Unicamente dalla
videoproduzione di massa di immagini anonime, transitorie, incapaci di
durata, di racconto.
Sono già alcuni anni che Croce Taravella interpreta grandiosamente
il tema della Città Dipinta, radicalizzando il
fascino che questo soggetto ha da sempre esercitato sull’immaginazione
dei pittori. Il suo è un progetto colossale, implicitamente infinito,
geograficamente avventuroso: una specie di spettacolare ricognizione
planetaria sullo spirito e sulla carne viva dei luoghi.
Dunque, prima di tutto, le capitali, le grandi Metropoli
sono da lui individuate e mostrate, anche alla nostra capacità
di riconoscerne l'essenza come la pelle variopinta del mondo. E soltanto
il gesto libero, e a modo suo violento della pittura, sembra per Taravella
in grado di intercettarne l'energia, quell'inesauribile flusso di azioni,
movimenti, pensieri, paure, desideri che attraversano la nostra civiltà.
Taravella esplora le aree vuote del mondo, i Deserti,
immaginati come immense zone di decompressione, di purificazione, dove
il nulla si svela come una pienezza e l'occhio e la mente ristabiliscono
il contatto con ciò che è nell’essenza dell’uomo.
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